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Distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato

Una delle più rilevanti novità introdotte dalla riforma del condominio, entrata in vigore nel 2013, riguarda l’annosa questione del distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato condominiale.
II novellato art. 1118, quarto comma, del codice civile consente al singolo condomino di distaccarsi dall'impianto di riscaldamento centralizzato purché da questa operazione non derivino “notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”

Quali sono allora le condizioni richieste per poter procedere al distacco?

Nella nuova formulazione del succitato articolo del codice civile si fa riferimento a «notevoli squilibri di funzionamento» di guisa che si richiama quanto più volte espresso dalla Corte di Cassazione (vedi sentenza n. 11857 del 27/05/2011) secondo cui “per squilibrio termico non deve essere intesa la possibile differente temperatura nell'appartamento distaccato in quanto, in ogni caso, anche senza distaccarsi il proprietario potrebbe sempre semplicemente chiudere i propri radiatori. Se così non fosse – osserva la Corte - quel distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato ammesso in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto, in quanto nell'ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un'altra unità immobiliare, per cui il distacco dall'impianto centralizzato da parte di uno dei condomini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico che, invece, deve essere considerato irrilevante”. Pertanto col  termine “notevole” si deve intendere il limite entro il quale è consentita l'operazione di separazione dall'impianto centralizzato.
La prova dell’esistenza delle condizioni tecniche deve essere fornita dal condomino interessato per mezzo di perizia (così come già stabilito della Cassazione con sentenza n.5974 del 25 marzo 2004). Tale documento deve essere redatto da un tecnico abilitato, un professionista iscritto agli albi professionali ed in possesso delle competenze tecniche in ambito di impianti di riscaldamento dotati di canne fumarie collettiva ramificate.
La perizia deve attestare lo stato dei consumi della caldaia e la proiezione del consumo in caso di distacco e deve dimostrare l'assenza di futuri squilibri termici per il fabbricato.

Il tecnico, in particolare, dovrà accertare la misura dell'inevitabile squilibrio che viene a crearsi nell'impianto centralizzato (dimensionato per garantire ripartizione di calore e comfort adeguati nei vari alloggi), venendo meno una unità. Dovrà altresì quantificare l'eventuale quota forfettaria di compensazione per la quantità di calore di cui si continuerebbe comunque ad usufruire, derivante dagli appartamenti confinanti e dalle tubazioni che attraversano l'appartamento (in media, si riuscirebbe a beneficiare di una temperatura di 16-17°). Dimostrata la presenza delle due condizioni richieste, il condomino può procedere all'intervento di distacco.

L'assemblea cosa può fare?  La relazione tecnica va sottoposta al vaglio dell'assemblea dei condomini, la quale non deve autorizzare il distacco, ma solo prendere atto della sussistenza dei presupposti di legge. L'assemblea potrebbe anche riservarsi di decidere, opponendo una propria relazione tecnica.
Avvenuto il distacco chi paga le spese? Il condomino che si distacca dall'impianto centralizzato  non è più tenuto a partecipare alle spese di consumo dell'impianto stesso, ma ha comunque l'obbligo di contribuire alle spese di manutenzione straordinaria, compresi i lavori per la sua conservazione e messa a norma. Il condomino che si distacca continua inoltre ad essere obbligato a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio se e nella misura in cui il distacco non ha comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condomini (Cass. 30.04.2014 n. 9526).

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